Aperta nel 1992 dai francesi Arnaud Petit e Stéphane Husson, “Delicatessen” (8b/+ 140m) è la via più difficile del paradiso del granito corso della Bavella. Un regno di placche, fessure e tafoni con roccia di qualità straordinaria difficilmente paragonabile ad altri siti di arrampicata.
“Nel 1992 avevamo poca esperienza per aprire nuove vie e non riuscivamo a salire oltre il 7c+ a-vista, il che significava che facevamo fatica ad attrezzare in maniera adeguata oltre il 7b+, ma ciò nonostante abbiamo tentato la via dal basso. Abbiamo impegnato numerosi giorni per salire i 6 corti tiri e, a parte alcune sezioni sul terzo tiro, la via è stata aperta con l’artificiale, arrampicando da uno spit a quello successivo. Le difficoltà era tali che semplicemente non potevamo fare altro.” A.Petit
Un decennio dopo la prima salita, Petit è tornato in Corsica e ha effettuato la prima libera della via. Nella primavera del 2011, “Delicatessen” ha visto altre due ripetizioni ad opera dei forti scalatori svizzeri Cédric Lachat e Nina Caprez.
Dal 2011 ad oggi la via è stata provata da climbers di tutto il mondo ma nessuna è riuscito a salire in libera questa straordinaria via. Il mix di arrampicata tecnica ma al tempo stesso fisica di “Delicatessen” è stato un richiamo irrinunciabile per lo specialista delle placche e dei muri di dita Alessandro Zeni.
Recatosi in sardegna con il fidato compagno di cordata Riccardo Scarian, il giovane scalatore di Mezzano è riuscito a salire in libera tutti e 5 gli ostici tiri della via divenuta ormai simbolo per l’alta difficoltà in Bavella.
“Pensavo che già Solo per Vecchi Guerrieri e Silbergeier fossero vie bellissime ma confermo che Delicatessen è semplicemente unica” scrive Alessandro. “È la prima via che scalo sul granito e non potevo farne una di più bella! Sembrava di fare Boulder in parete, sezioni fisiche su piatti intervallate da movimenti di piede su appoggi davvero piccoli e praticamente nulla per le mani a 100 metri da terra. Un vero capolavoro!”
Questo è il racconto di Alessandro del suo viaggio in terra Corsa:
Mentre ero sul traghetto il 26 aprile avevo gli occhi puntati verso il cielo e un sogno, un desiderio di avventura, che mi cullava in armonia con il dondolio del mare. Un sogno fatto di sole, profumi e avventure in luoghi selvaggi insieme all’amico Riccardo Scarian. È il 29 aprile quando per la prima volta saliamo con occhi curiosi lungo la strada che tortuosa e stretta sale da Solenzara verso il Colle di Bavella. Appena raggiunta la Bocca di Larone, la parete delle Teghie Liscie riflette ogni raggio di sole che le arriva addosso, 250 metri di granito dorato e compattissimo interrotto da qualche tafone e da nette fessure che la tagliano in lungo e in largo. A destra la Punta Lunarda ricorda il Gran Capucin che come un cristallo sbuca dalla fitta macchia e si innalza per 300 metri. Sposto il mio sguardo a sinistra e appena sopra la parete delle Teghie Lisce mi appare il curioso castello di granito orlato da tafoni (enormi cavità scavate dal vento nella roccia) la Punta U’Corbu. È proprio su questa incredibile parete, che mi richiama alla mente una delle famose uova di Fabergé, che Arnaud Petit e Stephan Husson chiodarono una delle vie più celebri al mondo: Delicatessen. Una via simbolo, un sogno fatto di granito, il motivo che mi aveva spinto in questi luoghi che preservano ancora un che di selvaggio.
È mezzogiorno quando posteggiammo l’auto spinti da un indicibile senso di curiosità e di avventura. Ad attenderci una camminata nel fitto della macchia che ci spinge alla ricerca di un sentiero che più propriamente era una lieve traccia in mezzo a un caotico saliscendi fatto da salti di roccia, rovi e corbezzoli. Dopo una serie di errori, ci trovammo finalmente alla base della via in circa un’ora e venti di cammino, tempo destinato a ridursi a 45 minuti nelle successive giornate. Il caldo di queste giornate che si affacciano sull’estate mi fecero subito pensare che fosse quasi troppo tardi per tentare una via di queste difficoltà ma partii comunque motivato sulla prima lunghezza di 8b+, il tiro chiave della via. In poco tempo con qualche restingriuscii a decifrare ogni movimento ed arrivare alla sosta. Che tiro incredibile! Rovesci, piatti e piedi in spalmo intervallati per fortuna (o sfortuna) da qualche buon riposo. Una scalata del genere non aveva nulla che vedere con quanto avevo affrontato fin ora su qualunque altra parete delle Alpi e più che a una via multipitch mi sembrava di fare blocchi a Fontainebleau! Mi feci calare per tentare una seconda volta. Partii e le sensazioni furono subito buone ma sulla parte alta del tiro dimenticai un piccolo piede e la gravità mi attirò subito verso il basso. Un po’dispiaciuto dell’accaduto riconquistai la sosta ma era ormai tardi per provare ancora e decisi di accontentarmi. E felice della giornata ritornammo a valle.
Riposammo un giorno e il seguente fummo di nuovo lì. La prima lunghezza ormai la conoscevo, così la affrontai subito deciso. Partii senza alcun tipo di riscaldamento ma ogni movimento di piede, ogni presa e ogni equilibrio mi tornarono subito alla mente e quasi incredulo mi ritrovai in libera alla sosta di questa bellissima prima lunghezza. Super soddisfatto proseguii con i tiri seguenti di 7c+ e 7c risolvendoli a vista. Davvero delle lunghezze stupende e nonostante le difficoltà, per nulla banali! È la prima via che facevo sul granito. Il calcare e la dolomia difficilmente presentano una scalata in fessura ma qui fessure ce n’erano eccome! Quell’ultima dulferimprovvisata lungo una fessura svasata e senza appoggi per i piedi sulla parte finale del tiro di 7c mi aveva davvero stancato. Me ne accorsi appena arrivai all’ultimo tiro difficile di 8a.
Qui mi aspettava una placca appoggiata con piedi in spalmo e lamette per le mani. Ho pensato:”ottimo qui dovrei andare bene!”.Partii deciso ma appena uscii dai tafoni una placca di 3 metri portava con sé, in appena 5 movimenti, tutta la difficoltà di questa ultima lunghezza. Persi tempo e sprecai molta pelle delle dita nel tentativo di cercare la soluzione giusta su delle prese quasi inesistenti per le mani e per giunta taglienti come lame di rasoio. Ad un certo punto finalmente ci riuscii ma purtroppo tutto quel provare e riprovare mi aveva inevitabilmente consumato la pelle delle dita. Mi accorsi che iniziavo ad essere troppo stanco per continuare ma non volevo mollare. Ma appena toccai nuovamente la roccia mi accorsi di un’inusuale macchia rossa che prima non c’era su una di quelle minuscole sporgenze. Mi guardai le mani e notai che avevo un taglio netto sulla punta di uno dei polpastrelli. Dovevo accettarlo e lo accettai. Così con un po’ di amaro in bocca decisi di tornare indietro per ritentare la prossima volta.
Arrivó poi il 3 maggio, la giornata perfetta quella in cui finalmente riuscii a salire in libera e in giornata tutte le 6 incredibili lunghezze di Delicatessen e a conquistare la cima della punta U’Corbu! Una via incredibile che da due anni ormai sognavo di salire e che ora finalmente era divenuta realtà! Dall’alto guardai le ombre delle montagne che si allungavano all’avanzare della notte e prima di cominciare con le doppie un profondo senso di gioia mi pervase, profondamente grato di essere lì in quell’angolo sperduto della Corsica con un grande amico e quest’altro piccolo sogno raggiunto. Rientriamo ormai al chiaro di luna e ci rimase giusto il tempo per festeggiare un po’ assieme la via, la bella giornata e tutta l’avventura vissuta che, seppur breve, ricca di momenti indimenticabili e nuove esperienze.Il tempo a mia disposizione in terra Corsa sta ormai giungendo alla fine ma voglio sfruttare al meglio quello che mi rimane perché a dirla con le parole di Thomas Mann: “il tempo è un dono prezioso, datoci affinché in esso diventiamo migliori. Più saggi, più maturi, più perfetti..”