L’INVIOLATO PILASTRO OVEST

Di Federico Magni

Da tempo anche l’inviolato pilastro Ovest dello Jannu era nel mirino di qualche alpinista visionario. È il 21 ottobre del 2007 furono Valery Babanov e Sergey Kofanov a realizzare l’obiettivo in stile alpino. Una grande salita senza utilizzare nessuna corda fissa, nessun campo per una via di tremila metri con difficoltà di VI/W14+/80° ghiaccio /M5. Una mega via di ghiaccio, roccia e misto: una delle più importanti realizzazioni di quell’anno preparata e pensata con una preparazione di almeno sette anni.

Per il 43enne Babanov fu il coronamento di un sogno. Inizialmente l’obiettivo era la parete Nord ma dopo che quel versante era stato vinto da un team russo Babanov si concentrò sul versante Ovest cercando una nuova via che salisse fino alla cima. La sfida prese presto le sembianze del grande pilastro che rappresenta una linea logica fino alla vetta, una linea bellissima con molte incognite. Insomma, una sfida perfetta.

Dopo aver scalato una cima vicina di 6.300m l’acclimatamento non era ancora ottimale quando i due decisero di attaccare. Anche il meteo non era così stabile ma decisero di non aspettare oltre un’altra finestra di bel tempo che in una stagione così strana forse non sarebbe più arrivata. L’altra incognita era legata al materiale da portare su una via così lunga, soprattutto nel caso di una ritirata lungo la stessa linea con il maltempo. L’alternativa che fu presa in considerazione fu quella di partire più leggeri e considerare la possibilità di scendere lungo l’altro versante, in un’altra valle a loro sconosciuta. Con loro decisero di portare solo due corde da 5mm e 8mm, sette chiodi da ghiaccio, dodici chiodi, un set di nut, quattro snowstakes e friend, oltre a una tenda leggera da un chilogrammo e un sacco a pelo leggero da 800 grammi. Cinque cartucce di gas e cibo per otto giorni. Il tutto in zaini da venti chilogrammi ciascuno.

Una combinazione della parete Nord di Les Droites e la parete Nord dello Sperone Croz sulle Grandes Jorasses, ma portati ad un’altitudine maggiore”, definì così la via Babanov durante un’intervista a Planetmountain. “Una grande sfida e molto impegnativa psicologicamente”.

Partiti da l campo base che si trovava a una quota di 4.700 metri i due il primo giorno attraversarono il ghiacciaio e salirono sull’avancorpo dello Jannu fino a quota 5.500 metri. Nei successivi due giorni salirono la parete Nord e hanno raggiunto la base del pilastro Ovest a 6.350 metri. Le difficoltà incontrate li tennero impegnati per altri tre giorni dopo i quali toccarono quota 7.200 metri fino al punto in cui il pilastro si unisce alla cresta Sud ovest dello Jannu. Da quel punto continuarono lungo la cresta fino alla torre sommitale, caratteristica della montagna. E’ a quota 7.300 metri, alla base dell’ultima torre che il materiale, sacco a pelo, cibo e attrezzatura. Il momento più drammatico fu la notte prima della cima trascorsa in un bivacco a 7.600 metri senza sacco a pelo trascorsa senza chiudere occhio. A dividerli dal successo c’erano ancora tiri molto ripidi e difficili e dopo una nottata del genere non fu facile ritrovare la motivazione. Il 21 ottobre erano in vetta.

 

 

Nel marzo 2019 Dmitry Golovchenko e Sergey Nilov passando18 giorni sulla montagna (di cui sei per la discesa lungo la parete sud) hanno aperto una nuova via in stile alpino sulla parete est. La loro via Unfinished Sympathy si sviluppa per 2500 metri e 1950m di dislivello ed è stata valutata complessivamente ED.