Di Andrea Gaddi, da Stile Alpino #45
La ripresa venne avviata nel modo migliore. Nel 1952, l’austriaco Hermann Buhl partì in bicicletta da Innsbruck e salì la via Cassin al Pizzo Badile in sole 4 ore, compiendo la prima formidabile salita solitaria della parete. Durante il lungo ritorno, alle porte di Innsbruk, l’austriaco, ormai esausto, non riuscì ad evitare un ‘tuffo’ nell’Inn, con tanto di bicicletta appresso!
Nel 1953 si realizzano conquiste di numerose pareti. Fra queste, la salita della grande parete nord dei Pizzi Gemelli ad opera di Claudio Corti, Carlo Mauri e Giulio Fiorelli; la salita della parete est-sudest del Pizzo Cengalo con Carlo Mauri, e la conquista della parete Est del Pizzo Badile da parte dello stesso Corti e Felice Battaglia, quest’ultimo vittima di un fulmine che lo colpì sulla cima della montagna. Al compagno lecchese non restò che affrontare la lunga discesa in pessime condizioni meteorologiche, solo e prostrato per la cattiva sorte dell’amico. In seguito, Claudio fu ingiustamente condannato dalla stampa del settore come una alpinista maledetto, soprattutto in seguito alle vicende dell’Eiger nel 1957.
Ma polemiche e onori non valgono niente se manifestati da certe persone: gente che ha dimenticato quante ascensioni e conquiste ha compiuto Claudio nelle Alpi Centrali, soprattutto tra i picchi granitici della Masino-Bregaglia, sulle cui rocce ha passato la maggior parte della sua vita verticale!
Bisogna ricordare anche la salita alla cima principale del Cavalcorto ad opera del team di comaschi Bernasconi-Bignami-Meroni lungo la selvaggia parete Est, e la salita dello spigolo Sud della Punta Chiara in Val Torrone, da parte della cordata lecchese composta da Carlo Mauri e Vittorio Ratti.
Anche a Walter Bonatti, a quel tempo già celebre per la conquista della parete Est del Grand Capucin al Monte Bianco, scappa una visita nel Masino. Qui non poteva presentarsi con un biglietto da visita migliore: nel 1950 vince il complicato spigolo Nord della punta S.Anna; nel 1953 si aggiudica la prima salita dello spigolo Sud-Ovest del Picco Luigi Amedeo, la prima salita allo spigolo Nord-Est della Cima di Zocca e un’altra prima ascensione sulla parete Nord-Ovest della Punta Fiorelli e la parete ovest della Punta Paganini.
Nel 1954 si assiste alla salita di Roberto Osio e B.Corti sulla parete Sud della Cima di Castello, che inaugura l’epoca delle vie “dirette” nel Masino. E a proposito di dirette, l’anno successivo Claudio Corti torna nel Masino e sale, con l’amico M. Colombo, la parete Ovest del Pizzo Torrone Occidentale. Parallelamente, un’altra grande tappa fu la creazione della prima squadra di soccorso alpino in Valtellina, nata sotto la guida dell’intraprendente Vera Cenini Lusardi, nel 1956.
Fin dalla conquista della parete nord est del Pizzo Badile del 1937 Vera era (e rimarrà sempre), un piacevole punto di riferimento per gli alpinisti che visitano queste montagne. Nei suoi ricordi vivono le imprese e i protagonisti delle conquiste alpinistiche del dopoguerra, e la sua famiglia che tanto amava…. ma è solo questioni di istanti perché le bastano solo pochi minuti di strada per ammirare le sue montagne e sentirsi a casa con i suoi cari e i numerosi amici. Nel 1959 si assiste alla decisiva consacrazione del monzese Vasco Taldo, con la salita della strapiombante parete Sud-Est del Picco Luigi Amedeo, in compagnia di Nando Nusdeo, che risultò una delle più difficili arrampicate della regione!
Pochi mesi più tardi fa ritorno in Val Torrone alla volta dell’inviolata parete Sud della Punta Ferrario. Nel 1962 in compagnia di Angelo Pizzoccolo e Josve Ajazzi, apre un’altra via sul lato destro della stessa parete, inconfondibile per via della sezione strapiombante dai profili arditi. La direttissima venne dedicata ai cento anni del CAI e venne considerata per molti anni una delle più difficile ed esposte scalate in artificiale delle Alpi Centrali, ancora oggi guardata con rispetto.

Il Picco Luigi Amedeo in val Torrone
Verso la fine degli anni ’60 si presentano all’appello due scalatori anglosassoni, Mike Kosterlitz (torinese d’adozione) e il compagno Dick Isherwood. Noto per le sue prodezze e per la garanzia di qualità delle sue salite, Kosterlitz partì alla volta della parete Est del Pizzo Badile con l’intento di ripetere la via Felice Battaglia del 1953. Ma i due, un po’ distratti ma forse anche attirati dalle slanciate fessure verticali sopra le loro teste, abbandonarono la via originale all’altezza del traverso per gettarsi lungo la bella successione di fessure che depositavano senza interruzioni in cima alla montagna. A loro insaputa, aprirono una delle più belle vie del massiccio: una supremazia durata per anni, e forse ancora oggi insuperata! Nel 1968 si compie la prima ascensione invernale, in stile “semi-himalayano”, della via Cassin alla NordEst del Badile, da parte di Michel Darbellay, Daniel Troillet, Camille Bournissen e gli italiani Alessandro Gogna, Paolo Armando e Gianni Calcagno. E’ l’ultima delle grandi pareti Nord delle Alpi ad essere percorsa nella ‘stagione dei cristalli’. In quell’inverno molto nevoso, la parete si presentò stracolma di neve, forse più adatto ad uno sciatore (con le ali ai piedi, certo!) piuttosto che a un alpinista. Di conseguenza, l’unico modo per riuscire nell’impresa era di cimentarsi in un vero e proprio assedio, scalino dopo scalino, che durò ben 13 giorni. Considerando anche che la tecnica di piolet traction non era ancora nata e i materiali da ghiaccio, a quel tempo, erano ancora parecchio rudimentali. Si dovrà aspettare il gennaio 1981 per una salita in stile alpino, compiuta da Michel Piola, Marco Pedrini e Danilo Gianinazzi in tre giorni di scalata.
Un inverno di sicuro poco nevoso che permise agli scalatori di superare la parete prevalentemente su roccia…cosa preclusa invece, agli scalatori del 1968 che si affidarono solo al ghiaccio e alla neve spesso inconsistente. Pochi giorni dopo Dante Porta supera la parete in solitaria, anche lui in tre giorni di ascensione. Troppe sono, però, le contestazioni a questa salita, per via della mancanza di riferimenti fotografici e di testimoni. Ma molti sono concordi nel ritenere lo scalatore comasco come uno dei pochi con le ‘carte in regola’ per portare a termine un’impresa simile. Ad oggi, comunque, la salita resta avvolta nel mistero.
In quegli anni affiorano altre figure di spicco nel esplorazione del Masino. Primo tra tutti Gianni Rusconi di Valmadrera con il fratello Antonio che, nell’inverno 1970, conquistò il più evidente pilastro della parete Nord-Est del Pizzo Badile per una via nuova, la cui cronaca è nota a tutti i frequentatori del Masino. Venne battezzata ‘via del Fratello’ in ricordo del fratello Carlo Rusconi, scomparso nelle montagne lecchesi nel 1954. Svariati tentativi, vari compagni, bassissime temperature, grandi attese e lunghe nottate sotto le stelle sul ghiacciaio alla base della parete: questi gli aspetti caratteristici che accompagnarono i protagonisti di questa grande impresa!
Nel febbraio 1971, gli stessi fratelli Rusconi, compirono la prima salita alla parete Nord del Pizzo Cengalo, a destra della via Borghese: la via Attilio Piacco, un’altra via di notevole difficoltà e sviluppo, di poco superiore alla via del Fratello, che richiese undici giorni di permanenza in parete.
Altro personaggio di spicco fu il grande artificialista Tiziano Nardella che, nel 1968, riesce con G.L. Marini nella salita alla parete Sud-Est della Cima di Zocca e, nel 1970, nella diretta alla parete Ovest della Sciora di Fuori con H.P.Kasper e G.L. Marini. Egli riuscì nella grande impresa invernale della parete Sud del Cavalcorto, un’odissea durata circa 10 giorni nel dicembre 1971: un inverno particolare per una parete particolarmente esposta al sole che permise agli scalatori di vestire abiti di mezza stagione durante la scalata, piuttosto che il solito kit di piumini, giacche a vento e guanti! Allo stesso Nardella il merito della conquista del pilastro Est-NordEst del Badile nel settembre 1973, su cui comparvero i primi chiodi a pressione della montagna.